“a metà del mio palmo, il solco che resta” – solchi, visioni, precipizi, frontiere, macerie, fango: una serie di immagini forti, accavallano la poesia di Silvia Rosa nell’accompagnare la fotografia di Giusy Calia. Ma accompagnano o disegnano a parole tali fotografie? Non si nota dunque quale accompagna l’altra perché il lavoro risulta nell’insieme talmente compatto e ben delineato che senza l’un l’altra queste due opere – poetica e fotografica – sembra che non possano esistere. Il connubio è riuscito ed è una simbiosi surreale, come le immagini di Giusy Calia che sembrano a tratti dei pezzi di fiaba, nell’incantevole tratto di una terra sconosciuta. Una sensibilità artistica molto fine che delinea ed assorbe sensazioni antiche. Perspicace l’unione, l’appartenenza della parola alla visione, questo corrodersi dell’anima dentro di sé a chiedersi di quelle sottigliezze del male e del bene, a domandarsi della partenza, dell’arrivo, del dove essere. È un insieme di metafore profonde e sottili la poesia di Silvia Rosa. Particolare la scelta di intitolare le poesie coi giorni numerati, è come se facesse tutto parte di un ciclo continuo che all’interno perdura in un’accrescere delle emozioni e della consapevolezza di queste. Una poesia convinta e cosciente, parte di un lavoro che nell’insieme rende consapevoli di come ci si aggrappi ogni giorno dei significati della vita, ponendo di fronte ogni contrario ed inverso, ogni domanda a cui cerchiamo di dare risposta, invano: “Che cosa resta di ogni parola sgusciata? […] Un gesto all’inverso.” Non mancano all’interno della raccolta – sia nella parola che nella visione – il senso dell’abbandono, della solitudine, della libertà anche. Tutto quello che proviamo a chiederci nella vita di tutti i giorni appare qui come una rivelazione modesta, una chiarificazione a strati dell’anima.
Giusy Calia, nata a Nuoro, vive e lavora tra Sassari e Siena.
È laureata in Lettere moderne con una tesi dal titolo Il daimon goethiano dal Prometeo al Meister e in Filosofia con una tesi dal titolo Alda Merini: un’anima sconosciuta.
Ha frequentato un Master Professionale di fotografia alla John Kaverdash School di Milano, specializzandosi in Moda, Reportage, Still life, Mock up, Camera Oscura, Fotoritocco, Comunicazione Visiva.
A luglio del 2007 ha concluso il Corso Alta Definizione Cinematografica della New York Film Academy.
Attualmente in fase di discussione della tesi del Dottorato di Ricerca in “Logos e rappresentazione” – Sez. “Comparatistica: letteratura, teatro, cinema” presso l’Università degli Studi di Siena (sede di Arezzo) sul rapporto tra immagine e parola nella storia della rappresentazione della follia. Ha pubblicato presso i “quaderni Warburg Italia” un racconto fotografico svolto all’interno dei manicomi in varie regioni italiane.
Ha avuto varie collaborazioni con registi e poeti.
Le sue opere sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private.
Silvia (Giovanna) Rosa nasce nel 1976 a Torino. Laureata in Scienze dell’Educazione, scrive poesie e racconti, e partecipa a readings e manifestazioni poetiche. Suoi lavori sono apparsi in riviste, siti e blog letterari, fra cui: Specchio (de La Stampa ), Historica- Il Foglio Letterario, RivistaInutile, Poiein, Viadellebelledonne, Rebstein, Imperfetta Ellisse, Poetarum Silva, La poesia e lo spirito, Le vie poetiche, Neobar. Alcuni dei suoi testi sono presenti in volumi antologici (“Pensieri d’inchiostro III”, Perrone Editore 2008; “Rac-corti II”, Perrone Editore 2009; “Corale per opera prima”, LietoColle 2010; “Mosaici”, Collana Rasoi, Edizioni Smasher 2011), anche di Concorsi Letterari a cui ha preso parte, risultando in qualche occasione tra i vincitori (“AlberoAndronico” 2007; “Premio Laurentum” 2008; “Concorso Letterario Città di Melegnano” 2008, a seguito del quale, nel 2010, ha pubblicato il libriccino di racconti “Del suo essere un corpo“, Montedit Edizioni, collana Le schegge d’oro – i libri dei premi). Nel 2010 esordisce con la sua prima raccolta poetica “Di sole voci“, per i tipi della LietoColle.